Qualche giorno fa ho imparato uno dei segreti della felicità:
cara Eli, non guardare il piatto altrui, e non giudicarlo.
Mangia quello che vuoi, e lascia che gli altri mangino quello che gli piace (difficile per noi italiani, vero? :D).
Vi racconto l’episodio.
Avevo cucinato (qui a Berlino) un piatto di pasta.
La marca giusta, la cottura giusta, gli ingredienti giusti (per un italiano).
A casa è arrivato un ospite. Gli ho offerto la pasta. Ha accettato felice, quindi ha riscaldato dell’acqua, l’ha aggiunta alla pasta continuando la cottura, l’ha annaffiata di salsa barbecue, e l’ha mangiata.
Io non capivo, ma avevo già mangiato, era buona.
Prima di andar via mi dice: buonissima la tua pasta “al dente”. Ma io ho un problema ai denti e non sarei davvero riuscito a masticarla.
Devi provarla con la salsa barbecue, ci sta benissimo!
Bene, cosa mi ha tolto? Niente.
Io ho mangiato la pasta come piaceva a me, e lui come poteva, secondo le proprie condizioni di salute e il proprio gusto.
Aggiungerò la salsa barbecue alla pasta?
No, a me non piace (in realtà non l’ho mai assaggiata, interessante, no?).
Ci sono motivazioni del prossimo che non possiamo conoscere, a meno che non abbia pianto sulla nostra spalla e noi sulla sua.
A meno che non ci abbia confidato la propria fragilità, la propria tempesta, il proprio naufragio.
A meno che non gli abbiamo porto una mano tirandolo sulla nostra barca, dandogli un letto, da mangiare e amore incondizionato.
A meno che non abbiamo permesso al nostro cuore di comprendere il punto del suo problema e il suo stato d’animo.
San Francesco d’Assisi la chiamava “la perfetta letizia“.
Nessuno è migliore o peggiore di un altro, tantomeno superiore o inferiore.
C’è spazio per tutti.
Qual è lo scopo che ci muove?
Quale la motivazione?
Troviamole in fondo a noi e manifestiamole.
Quanto risentimento ci muove, e quanto amore e comprensione?
Cosa sappiamo dell’altro?
Sapete, io sono stata una persona molto rigida un tempo.
In famiglia non avevo il diritto di manifestare la mia vulnerabilità, ma soprattutto, non me lo concedevo.
Quindi, non lo permettevo agli altri.
Poi la vita mi ha messa duramente alla prova, molte volte, e molte ancora lo farà, e se non mi ammorbidivo, mi faceva a pezzi.
Dolori, dolori che fanno parte della vita, ma che tirano fuori il diamante.
La fortuna? Avere incontrato prima delle prove più dure il Kundalini Yoga e una serie di amiche e amici (regalo della Sangat, ma non solo) che mi amano e che ci sono davvero, che mi incoraggiano e che gioiscono per ogni mio successo.
Che credono nella mia luce, e guardano con tenerezza i miei difetti (tantissimi!).
Che mi hanno sostenuta quando pensavo che sarei morta dal dolore, dalla delusione, dalla tristezza. Che non hanno mai messo in discussione la mia Grazia.
Che hanno usato l’umorismo, la conoscenza e hanno risvegliato la mia fede.
Che mi hanno salvato la vita.
Anche i dolori mi hanno salvato la vita, aprendo uno spazio del cuore che non conoscevo, fuori da ogni romanticismo.
E poi c’è il Jap Ji.
Se vi sentite tristi, ascoltate il 25° pauri del Jap Ji, cantatelo, Bahuta Karam.
In particolare questa strofa è la mia àncora:
Ketia dukh bhukh sad mar, Eh bhi dat teri datar.
“Oh mio Dio, anche il dolore e le miserie, io li accolgo come tuoi doni”
Lo sono. Non perché bisogna soffrire, ma perché ci sono lezioni da imparare, che a volte passano attraverso prove difficili (del resto i campionati non sono mai una passeggiata).
E alla fine si rivelano doni enormi, è vero o no?
Come vi dicevo nel live su FB, senza Bhakti – devozione – non c’è Shakti – energia creativa.
Bahuta Karam viene insegnato come mantra per la prosperità.
Well…cosa è la prosperità se non riconoscere in tutto ciò che ci avviene una fonte inestimabile di consapevolezza e un segno indiscutibile del fatto che la vita ci ama?
Può manifestarsi in tanti modi, non ci è dato sapere come la vita vuole benedirci.
Forse con una doccia di petali di rose, forse con delle spine che ci fanno sperimentare la nostra resistenza al dolore. La nostra resilienza.
Ed è così anche per le meditazioni del Kundalini Yoga. A che servono? A questo, per esempio “ad aprire il cuore”. Ok la inizio, ma non so mai l’Universo come vuole farmi arrivare al suo scopo, a volte lavora sui meridiani e sul cervello, ma non so che strada sceglierà per aprire il mio Terz’occhio.
Ora vi dico una cosa personale. Una volta il mio cuore si è spezzato (tranquille ragazze, non solo una, ma questa è stata una gran botta!). Letteralmente. Ho sentito il rumore, giuro.
Non mi riprendevo. Malgrado le amiche (vedi sopra), il loro amore, le coccole.
Stavo malissimo.
La fortuna ha voluto che in città fosse arrivata una donna del Kundalini Yoga (donne del Kundalini Yoga vi amo, tutte), una grande terapeuta di Sat Nam Rasayan e massaggi.
Alla fine del suo trattamento, durante il quale ho visto le stelle, tanto i meridiani del mio cuore erano a pezzi, lei mi ha detto:
“Cara Har Atma, ma è fantastico! ti si è aperto il cuore! Vedi, il cuore si apre in tre casi:
1. Una meditazione grandiosa
2. Una storia d’amore bellissima
3. Un pugnale conficcato al suo centro (mi sentivo esattamente così, incredibile, come faceva a saperlo?)
Bene, il tuo si è aperto con un pugnale. Ora goditi questo dono, e contempla quanto lo Spazio del cuore si è espanso. E’ meraviglioso, Har Atma. Sii grata a quel mascalzone.
Che meditazione stai praticando?
(le dico il nome della meditazione) Ahhh! guarda che regalo ti ha fatto!”
(E poi mi ha dato il Sat Kriya in posizione celibe, la caffeina dell’Anima).
Insomma, questa terapeuta mi ha permesso di vedere il macroprocesso. E di contemplare lo Spazio del Cuore. E’ vero, è cambiato tutto.
Mi ci è voluto un po’, grazie allo yoga soltanto un mese, prima di sentire sinceramente gratitudine per l’accaduto (ma il mascalzone rimane fuori dalla mia vita per sempre, non li fate rientrare mai, se vi hanno fatto il cuore a pezzi e vi hanno mancato di rispetto).
Cari amici (e nemici) lasciamo il Giudizio a Dio, è il suo lavoro, non il nostro.
Non compariamoci, perdoniamo e perdoniamoci, valorizziamoci gli uni con gli altri.
E’ così rilassante!
PS. sì, anche gli/le insegnanti di yoga soffrono. L’unica fortuna che hanno è la pratica, che li aiuta ad uscire prima dai processi dolosi e comprenderli. La buona notizia è che TUTTI possiamo praticare!
PPS. in questo momento della mia vita mi sto esponendo molto, come Elisabetta, come Har Atma Kaur. Arriveranno gli haters, se non sono già arrivati. La mia posizione è sempre: “lasciamo il Giudizio a Dio, è il suo lavoro, non il nostro.”
L’illustrazione è di Chandra Costanza Coletti Illustration, uno dei doni di questa vita, una delle sorelle che conosce il mio cuore, ed io il suo.